Siamo diventati una Società di Vittime. Vittime di razzismo, di omofobia, di bullismo, di sessismo, di catcalling…Vittime sempre e comunque di tutto.
Le storie delle persone sembrano essere interessanti solo se lette in questa chiave: il protagonista è l’Abusato Incolpevole, alla tragedia si preferisce la catastrofe (come mi spiegava la mia docente di Teatro anglo-americano, tragedia è qualcosa che accade anche a causa di un comportamento intenzionale dell’essere umano, per esempio un omicidio, mentre la catastrofe è assolutamente indipendente dalla responsabilità individuale, per esempio un terremoto). È di scena, dunque la catastrofe, starring “La Vittima”.
Perché non mi piace questo nuovo abito mentale? Almeno per 3 motivi.
- Innanzitutto perché temo che si finisca per non distinguere più tra le vere vittime, che realmente esperiscono sulla propria carne violenze assurde e ingiustificabili, e quelle che puntano a mostrarsi tali per avere i riflettori su di sé. Chi ci rimette sono le prime, ovvio.
- Secondariamente mi chiedo: se tutti sono vittime, dove sono i carnefici? Un esempio banale: improvvisamente molti amanti sembrano essere stati vittime di “narcisisti” (termine oggi, nel mainstream popolare, assolutamente frainteso e abusato, vedi miei precedenti post). Ma com’è che milioni di persone hanno incontrato sul loro cammino questi esseri cinici ed egoisti? Siamo dunque circondati da milioni di innocenti, ingenui, dolcissimi e troppo buoni? Davvero ci sono stuoli di vittime e rari carnefici? Non siamo un po’ tutti, a seconda dei momenti, delle situazioni e delle persone con cui abbiamo a che fare, un po’ l’uno e un po’ l’altro? Non è forse questa la natura umana, ambigua e mutevole?
- Il terzo motivo per cui non amo la Società delle Vittime è la deresponsabilizzazione. Se sono vittima, sono buono, è l’altro che è cattivo. Dunque io non sono mai cattivo. Sicuri?
In questo continuo sventolare bandiere bianche con insistenza e quasi con auto-compiacimento, trovo qualcosa di triste e molle, ma anche un fondo di egoismo.